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A NAPOLI TRE COSE SO BBELL.
" 'O sole, 'o mare, e 'o burdell."

a cavallo tra l’ottocento e il novecento napoli è stata la capitale mondiale della musica classica napoletana.

(così come berna è stata la capitale mondiale del latte.)

 

ma oggi è rimasto poco e niente di questo enorme bagaglio culturale.

se giri per napoli infatti, l’unica cosa che non esiste più è popio la canzone classica napoletana.

 

entri in un kebbabbaro, e c’è una televisione accesa ventiquattrore su ventiquattro su un canale tipo emtivì che passa però solo video di canzoni pop arabe.

rachid salem, abdul anagalom, giuan ca chitarr, pepp obbresc.

 

passerei le ore a osservare quei video, perché il pop arabo è una vera droga, è ipnotico.

in quel momento viaggio co la testa, e potrebbero infilarmi qualsiasi cosa nel panino.

e infatti ci infilano qualsiasi cosa.
 

ma almeno essi so giustificati, non so napoletani, vogliono rimembrare le atmosfere delle loro terre natie.

 

la cosa invece non si spiega nelle cornetterie napulegne, quelle dove c’è la sciarpa del napoli sulla cassa, la foto co hamsik e la subrettina, il quadretto co l’articolo di giornale di quando il napoli ha vinto la scudetto, la maglietta di britos appesa in mezzo alle butteglie finte di amaro montenegro.

e in diffusione però, musica tunz-tunz a palla.
pure alle cinque di mattina.

ti costringono a mangiare un cornetto ascoltando i festini di nino d’angels of love o le ultime hit di devid ghetta, che tu ti pensi che prima o poi ci sarà na canzone diversa, e invece staicazz.

mangi quel cornetto bicolore (normalmente chiamato bigusto nelle altre zone d’italia) tutto accellerato, co l’ansia, la tachicardia, i tic nervosi, la peristalsi, l’ernia iatale, la lombosciatalgia, co l’intestino pigro, co nella testa pigro, la canzone di pino daniele. (non significa nulla, non ti applicare.)

lo mangi così velocemente, che ingurgiti tanta di quell’aria che dopo in macchina vorresti fare piriti co la pala ma non li fai perché è la prima volta che esci co quella, e allò ti tieni tutto dentro e bell’ e buono esplodi.
 

stessa cosa accade nei grandi magazzini, dai barbieri (così m’hanno detto), da quello che vende le nocelle e lo zucchero filato, sulle giostre per i bambini, alle sagre di paese, ecc.

musica tunz-tunz ovunque.

 

come direbbe un noto personaggio mitologico: ma k sang ‘e kivemmuort at passat.

io voglio andare nei negozi a napoli dove entro e mi offrono na pizza co gli spaghetti sopra, dove piglia e entra un vicchiariello col mandolino in mano e mi suona era de maggio, dove il proprietario alla cassa è vestito da pulcinella.


e io lo abbraccerei a quel proprietario, e gli direi
‘o zì, comm s sta bbell ccà dint.

e lui mi risponderebbe
sisi, è bbell ma nun s’abball.
kell 'o sai c ce vuless.
nun dic assai.
ma almeno nu poco ‘e musica tunz-tunz.

ciao.


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