AuanaSgheps
istanbul-stabbell

ISTANBUL, STABBELL.
"La mia guida alla (forse) meglia città del mondo, secondo me."



(disclaimer.
quello in foto è un micio.

i mici la comandano loro a istanbul.
i mici turchi hanno personalità.
la personalità di benino sul presepe.

quindi, donna, se odi i gatti o ti piacciono tropp'assai, non è il posto giusto per te.
perchè ce ne sono così tanti in giro che perderai le giornate o a cacciarli, o a farti foto co essi in braccio - così pò i tuoi contatti commenteranno uuuu che cucciolo, anche se non se ne fottono popio del micio, dato che essi vorrebbero solo abusare delle tue dolci labbra.)




dunque.
partenza da napoli co scalo a roma.

l'aereo napoli-roma mi fa pariare a me.
siamo atterrati che la hostess non aveva ancora finito di spiegare come s'abboffa il salvagente - caso mai stai per morire.


poi roma-istanbul.
arrivi nell'aeroporto di ataturk, che ogni corridoio sembra portici alla festa di san ciro.

bene.
finalmente a costantinopoli.

un tassì fino all'albergo in centro, trentacinque minuti di viaggio, quasi ventidue kilometri di formula indy, tutt 'o blocc diciassette euro.
diciassette euro, di notte, con bagagli.
na volta un tassinaro qua giù, dai quattro palazzi al castel dell'ovo, ovvero scarsi tre kilometri, mi andò cercando dieci euro.

quello perchè in turchia tengono ancora la lira.
na lira turca mò vale circa trenta centesimi di euro.

quindi loro usano come unità per campare la moneta da una lira turca, mentre noi italiani facciamo riferimento alla moneta da un euro - pò lascia stà che ormai teniamo l'euro come il pacchiano di fratta tiene la ferrari ma sta parcheggiato tutta la sera fuori al cornettaro perchè la benzina costa.

là, rispetto a na berlino, gli stipendi so bassi  (roba di sette-ottocento euro al mese di media), ma na spremuta d'arancia per strada la paghi trenta centesimi, e un panino co lo sgombro - sul molo di karakoy, accort 'e spine - meno di due euro (nell'aeroporto di fiumicino, per un trancio di margherita co la mozzarella fujuta ti chiedono sei euro).


ma al di là di inutili analisi economiche, molti mi dicevano che istanbul è tal e quale a napoli.
 
io mò risponderei MA FOSS' 'A MARONN'.


nonostante un primo impatto terrificante in albergo, dove, oltre a un bagno grande quanto na doccia, e interruttori elettrici co pallottole di carta dentro, scorgemmo sul lenzuolo una macchia di vino (la mia è una speranza, invero è molto più accreditata l'ipotesi mestruo).

oltre a questo, dicevo, girando nel mercato dei pescatori o nei vicarielli popolari, non mi sono MAI sentito in qualche bucchina di tarantella come quando cammino a piazza garibaldi.

eppure là so tredici milioni di persone, in proporzione dovrebbero succedere scippi, rapine e mani in culo ogni cinque secondi.

e invece niente, nessuno ti caca.
cioè ti cacano, ti propongono qualsiasi cosa, ma sempre nel rispetto del turista, che tanto comunque alla fine glieli posa i denari, con piacere.
e se tu alzi na mano, essi la smettono - non esiste che ti fai il cammino di santiago col venditore di calzini ncuoll, per esempio.


l'impressione che ho avuto è che tutti si adoperino per fare qualcosa.
ma qualsiasi cosa facciano, ci mettono na cura maniacale.

piglia ai venditori di castagne.
passano tutta la giornata ad aprirle e a sistemarle certosinamente, una alla volta, sulla bracetta.

oppure quelli che vendono i simit, na specie di pretzel.
stanno là dalla mattina alla sera e nei ritagli di tempo preparano i tovaglioli, costruiscono torri ordinatissime di codeste ciambelle, passano compulsivamente la pezzulella vicino alla vetrinetta.

per non parlare poi dei pescatori amatoriali.
una caterva di individui di tutte le età si apposta sui tre ponti, e uno addosso all'altro cercano in assoluta fratellanza di portarsi a casa qualcosa che possa somigliare a un pesce - e molti ci riescono anche.

così come ho visto pure bambini di otto-nove anni co na sigaretta senza filtro in bocca, vendere cozze crude agli angoli dei centri commerciali.

apparentemente non esiste nessuna norma-igienico sanitaria o tutte le pseudo-tutele dei lavoratori come le intendiamo dalle nostre parti, ma forse lo stato chiude più di due occhi affinchè ciascun cittadino preferisca cercare di vendere qualcosa piuttosto che mettere le mani nelle borse degli altri.

un vero problema sociale sono i centinaia di criaturi rom, che dormono sdraiati a terra in mezzo piazza taksim o messi dalle mamme a suonicchiare strumenti per giocare sulla compassione dei passanti, che comunque lasciano banconote serie - forse perchè la carità verso i bisognosi è uno dei pilastri della religione islamica.


da piazza taksim si dipana istiklal caddesi, che è tipo via scarlatti durante la notte bianca del vomero.
la strada pedonale dello shopping, dove giusto ogni tanto passa il tram rosso, se ne cade di megastore aperti settantadue ore al giorno, qualche mac donald appena accennato, ma soprattutto tanta, tanta cucina locale e sale da thè.
quasi nessuna vera pizza napoletana dimmerda, assenti i soliti cinesi/sushi, al contrario splendidi protagonisti sono i kebbabari e i ristoranti ottomani.


la cosa assurda, nel senso di eccezionale, è che su questo vialone, dopo il tramonto, ai piani superiori si manifestano decine di locali, che gareggiano nella grande guerra dei volumi.
si perchè tu cammini in mezzo a un mare di gente, e nell'aria rimbombano millemila watt di musica dance, mash-up improbabili di hit mania dance sparati da discoteche una azzeccata all'altra.

ho chiesto a un cameriere scus ma comm'è possibile sto fatto, cioè non ci vive nessuno qua sopra.
e lui m'ha detto che ci sono solo uffici quindi si può fare, è NOMMALE, sciolt.

(di giorno sedi di aziende informatiche, e di notte posti dove andare a pariare senza rischiare che la vecchia del primo piano piglia e ti butta i secchi di candeggina addosso.
chissà se sotto al vesuvio na cosa così lungimirante la vedremo mai.)


ma istiklal caddesi non è non solo tunz-tunz commerciale.
sui marciapiedi un sacco di menstrelli co strumenti antichi tipo l'oud o il saz, ma anche ensemble nutrite di musicisti di strada che attiravano rocchie pure di duecento spettatori danzanti.

se ti addentri poi nei vicarielli, quindicimila localini con karaoke e schermi che proiettano video di neomelodici bizantini (in una di queste stradine c'era na folla di turchi ululanti a causa di un paio di prostitute affacciate al primo piano di un palazzo, identica a na scena di totò che visse due volte di ciprì e maresco).

(ah, dopo le tre di notte, le strade non diventano orinatoi a cielo aperto come a barcellona, perchè sono disseminati un pò ovunque comodi bagni pubblici underground dove cacci na lira e pisci in tutta riservatezza.)

oltre a questa zona, na sera so stato pure nei vicarielli più tranquilli di beyoglu.
e là, se sei un tipo più mansueto, puoi pigliarti na birra ai prezzi di bellini, senza venditori di rose e scippate che ti chiedono cartine.



per quanto riguarda i turchi, essi non mi sembrano personaggi assai sportivi - non ho incrociato molti ciclisti o amanti del footing (è pure vero che la città morfologicamente sembra le montagne russe dell'edenlandia), però essi sanno campare e si trattano bene.

infatti sono i masti dei cosiddetti hamam, che ti danno la sensazione di varcare la soglia del ventre materno di marisalaurito.

cercando su google ne avevo adocchiato uno incredibilmente antico, frequentato quasi esclusivamente dagli abitanti del luogo, e quindi anche molto economico.

l'unica cosa che mi inquietava era na recensione su tripadvisor, dove un inglese raccontava che un omaccione là dentro gli stava lavando la testa e gli fece andare acqua e sapone negli occhi.
allò l'inglese non riusciva più a vedere, e bell e buono si sentì tuzzuliare sulle guance da qualcosa che o era un calippo a cocacola oppure era un calippo di carne.
quando si rese conto che non frizzava come quello a cocacola, si alzò indignato e se ne andò co la sensazione di essere stato quasi stuprato.

fortunatamente io non ho acchiappato massaggiatori depravati, anzi.
il mio omaccione aveva l'aspetto di mario bros, ed era un pataterno.

in una prima fase, con un guanto di crine, mi ha raschiato tutte le cellule dermiche ormai morte, come se fossi una spigola.
poi mi ha fatto un massaggio afferrandomi alla hulk hogan.
e infine na lavata dalla testa ai piedi come manco mia mamma da piccolo.
mancava solo il borotalco e il pernacchietto tra scroto e ano.
(gli asciugamani, le ciabatte, il guanto e tutto ciò che solitamente è monouso o sterilizzato, lì dentro erano semplicemente lasciati asciugare e passati da cliente a cliente.
se sei schifettoso o hai paura di dermatiti fulminanti, statti a via chiaia a mangiare le nocelle e le aulive dalle ciotole alle apericene.)
 

quando sono uscito, mi sentivo come pegasus dei cavalieri dello zodiaco, ma le mie gambe erano vicine al collasso.
un bancarellaio là fuori mi vede, prende na sedia e mi fa accomodare.
abbiamo passato venti minuti a fare il gioco che lui diceva na parola turca e io na parola italiana, venti minuti a ridere come due dementi.
nessuno dei due capiva un cazzo, ma è stato uno scambio amicale così ingenuo che pareva di essere ritornati all'asilo e ai bei tempi andati.


subito dopo ci siamo schiati in un bar dove servivano il thè accompagnato dallo shishà alla mela.
un'ora a fumare un narghilè alto quanto il cameriere del bangladesh che ce l'ha portato, assistendo sul maxischermo a un'intervista senza sonoro di mistèr fatih terim.
tutto fin troppo bello.


la giornata relax è stata assai distruttiva, motivo per il quale alla fine ci siamo accucciati in uno dei cinquemila traghetti (vapur) che girano nel corno d'oro.
e lì fu istanbul.
perchè ci siamo proprio addormentati.

e quando fai sti tour è meglio che ti abbiocchi, così non ti rendi conto che quelle acque sono trafficate da vaporetti che si incrociano, sorpassano, dribblano, fanno finte, si menano, non rispettano il rosso e la precedenza, parcheggiano in doppia fila, si portano appresso gli ami dei pescatori che pescano sui ponti, in pratica non tengono niente da vedere co quei fatti chiamati regole.


devo dire la verità.
la cosa che invece mi ha un pò deluso è stata il kebap.
è sicuramente mille volte meglio rispetto a quegli agglomerati di cadaveri macinati che il più delle volte vediamo qua in italia, ma ho capito che preferisco di gran lunga la pita greca.

n'altra cosa un pò addovà è il gran bazaar.
un inferno dove il turista da villaggio vacanze può comprare la solita tazza col nome della città e la grafica col monumento più importante, o le spezie al triplo del prezzo.
c'è da dire che però un'attrazione del genere è veramente il minimo compromesso per una metropoli che giustamente vuole vivere coi soldi dei tedeschi e dei mericani - inoltre la struttura nel quale è ospitato è sicuramente molto caratteristica, da vedere.

all'esterno invece, i mercatini a cielo aperto sono uno spettacolo di colori e vero folklore.
certe zone sembrano la maddalena, interi stand di scarpe e tute di marca contraffatte in modo perfetto, dalle nike alle magliette da calcio.
(piccola curiosità: si trovano anche bancarielli dove si vendono bubbazze vitaminiche per palestrati, e le famose pillole blu che in italia te le propongono co tre email di spam al giorno.)

uscendo dal mercato si può poi visitare o l'antico quartiere di fatih, patrimonio dell'unesco nonchè delle case povere ma romanticamente sgarrupate, oppure si può andare verso lo slargo dove c'è sia la cisterna basilica (che raccoglieva le acque provenienti dall'acquedotto che partiva intimeno da belgrado) sia la moschea blu (visitatissima perchè, oltre che stupenda, si possono fare gratuitamente maestosi selfie-ricordo sdraiati scalzi sui tappeti).


a mezzanotte dell'ultimo giorno, prima di prendere lo shuttle verso l'aeroporto, ci siamo seduti fuori a uno chalet.
non vendeva superalcolici.
ci siamo presi un bel thè, e come noi c'erano altre venti persone che sorseggiavano quell'infuso astringente.

là stavo delirando dalla stanchezza, e ho iniziato a farneticare sul fatto che i turchi non bevono birra o cocktail durante il giorno, e quindi forse questo spiega come il governo riesca a mantenere l'ordine sociale in una polveriera, come si fatica a ciuccio se non ti svegli ogni mattina in preda a un hangover, come mai la gente produca figli in quantità industriale (terranno schizzi di sperma non appesantiti da ettolitri di vodka reddbù, nossacc).


una volta sulla navetta verso l'aeroporto ho notato pure come là anche i quartieri popolari costruiti recentemente siano tenuti a mostro, strade perfette pure in periferia e aiuole tagliate col righello.


ma, come direbbe l'inviato del tg uno a niu iork che vuole fare il bucchinaro col pullover sopra alle spalle, non ci sono solo luci attorno alla torre di galata.
 
erdogan, attuale presidente della repubblica laica turca, prima fu sindaco di istanbul.
poi andò carcerato per incitamento all'odio religioso, e quando uscì fondò un partito conservatore d'ispirazione islamica e fu eletto primo ministro (tramite na mezza magagna), e dopo na decina d'anni di governo addirittura si prese la carica di capo della stato (per la prima volta eletto direttamente dal popolo).

ma non mi inquietano solo le vicende del presidente-operaio turco.

pure il fatto dei preti che cantano nei megafoni, le lavate di piedi, e soprattutto la questione della condizione della donna.
la probabilità di vederne una dietro a un bancone di na rosticceria, a servire nei ristoranti, a portare i tassì, a pescare, a parlare di chiavate sporche fuori ai circoletti, è quotata dalla snai come la vittoria del mondiale per club della virtus treccase.

e così a pane e puparuoli non me la sento manco di approfondire le ragioni di quelle che vanno girando vestite co na tunica tutta nera, che tiene giusto due buchi per gli occhi.
capisco che vuoi sparagnarti l'estetista, il parrucchiere, i trucchi e i panni da zara, però che sangue di cristoforo colombo (il quale l'ha buttato per scoprire un posto dove pò hanno inventato le macchine per i rapper co gli ammortizzatori che rimbalzano al semaforo).


e quindi mò vi saluto.

quasi come là chiamano il tè.
ovvero çay, che se non mi sbaglio si legge popio CIAI.
 


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consigli.

su istiklal caddesi:
  • beyoglu halk doner taksim | self service su tre piani, ottimi timballi e mulignane ripiene. co cinqueuro ti pigli un piatto, un'acqua e il pane, e stai seduto.
  • patata 7_24 | cierti ppatanune 'e chesta manera (immagina le mani larghe), dove sopra ci puoi mettere fagioli, mais, pollo e sanpietrini.  
  • saray muhallebicisi | pasticceria rinomatissima, i fattarielli col pistacchio so checazz.

a kasımpaşa:
  • buyuk hamam - potinciler sokak 22 | bagno turco tradizionalissimo diviso in uomini e donne, si paga quindici euro, vi potete portare un costume a slip e gli infradito.
a eminonu:
  • crociera bosforo | prendere il vapur comunale alle 10.35, al terminal "bogaz hatti" (di fianco la ponte galata).


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