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UNA BELLA FIABA CONTRO IL RAZZISMO.
Sembra quasi na pubblicità della cocacola.

 
tenevo st'orologio sul polso che segnava l'ora giusta, ma solo due volte al dì.
 
le cinque e un quarto, tutto il giorno.
 
era costantemente l'ora del tè, per il mio orologio.
 
 
la pila.
era evidente che la pila aveva portato a compimento il suo ciclo vitale.
e allò so andato alla ricerca di un orologiaio.
 
uno di quei vecchietti seduti in una bottega su na sedia del dopoguerra, e i cucù di marzapane appesi ai muri.
 
non è stato facile trovarlo - ormai vanno via via scomparendo tutti quei bei mestieri di una volta - il calzolaio, l'arrotino, il rappresentante delle sigarette elettroniche.
 
 
oilloc, OROLOGIAIO, un'insegna scritta a pennarello su compensato.
 
vi entro.
 
salve, gli porgo il mio orologio.
lui lo osserva co un monocolo, che ammarcava molto a artigiano co esperienza pluridecennale.
 
merò ormai so tutt cinesi, sti rilorg.
giuvinò, stu stess rilorg, ma tu lo sai quanto costerebbe senza marca, né.
te lo dico io.
costerebbe cingueuro, perché è tutto cinese.
sti cinis emmerd.
 
e quello ormai paghiamo la pubblicità - aggiungo io, giusto per dire qualcosa.
 
 
apre lo sportellino sul retro.
ormai è tutto cinese, stann p tutt part.
toglie la pila e ne mette una nuova, estraendola da un blister co le scritte in mandarino e il simbolo made in prc.
 
poi richiude lo sportelino, o meglio, ci prova.
uno sportellino a scatto, che lo poggi sopra e si richiude.
 
il vecchio orologiaio però, nonostante l'esperienza pluridecennale, prima lo monta al contrario, e chiaramente non si chiude. 
e allò piglia una pressa dell'ottocento, e pò si poggia sulla leva co tutto il suo peso.
 
la rondella della pressa è evidentemente più stretta, è troppo piccola, fa pressione solo sul vetro. 
sento scricchiolii sinistri, si sta per sfondare il quadrante - sarò costretto a fargli notare che quell'orologio cinese costa centocinquanta euro, e non gli basterà rimborsarmi la cifra che egli ha stimato possa valere quella volgare circuiteria.
 
 
fortunatamente si chiude prima che riesca a disintegrarlo.
glielo strappo da sotto alla pressa, m'e fatt cacà sott, ozì.
perfetto (ocazz), quanto vi debbo.
 
giuvinò, so tre euro.
 
 
giusto per.
due anni fa pagai, da un altro orologiaio, un euro e cinquanta. 
lo stesso servizio - senza però l'inutile abuso della pressa di martin lutero. 
due minuti contati per aprire, cambiare la pila e richiuderlo.
 
ma soprattutto.
mi stai chiedendo tre euro, quando uno scatolo sano di quelle pile ti sarà costato cinque centesimi.
 
ma se pure tu, vecchio orologiaio in una botteguccia romantica, brami di mettere un pezzo di carne in più nel brodo nguoll al sottoscritto, speculando sulla durata della mia batteria - visto che per te la roba cinese è robb emmerd - e pure sulla vita di na decina di operai co gli occhi a mandorla annegati nel biossido di manganese per produrre quella pila a basso costo - perché quando fatichi venti ore al giorno, la disattenzione è dietro l'angolo.
ma allò, dico io, dove arriveremo.

cioè, fammi sparagnare pure a me.
 
fino a dieci minuti fa eravamo uniti in questa battaglia contro la minaccia orientale, cercavi la mia solidarietà.
e mò intimeno m'o vuò mett'r ncul.
 
simm frat, ozì - o quanto meno potremmo essere parenti.
 
napoletani dinapoli, italiani ditalia, teniamo lo stesso elmo di scipio ncap.
non ti puoi comportare così co un tuo concittadino caucasico.
non me lo puoi mettere a culo a me.
 
osinò io non vengo più a mormoriare assieme a te nguoll ai cinesi.
 
anzi, la prossima volta lo sai che faccio.
me ne vado proprio in una puteca a gianturco, una di quelle co la lanterna rossa fuori, e mi metto a dire peste e corna sul tuo conto assieme al mio nuovo amico peppe won liang.
che quando parliamo, io non capisco a lui e lui non capisce a me, ma almeno tiene la faccia onesta.
 
invece tu, ozì, ma c cazz fai jà, tre euro p na pila favza, cchiù favz 'e te.
ma si pop nummerd, m'accirt, ciao. 
 


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