ODE AL PIRITO.
E lo scureggiar' m'è dolce in questo mar'.
una delle cose che più mi fa stare bene nella vita sono i piriti.
un reale benessere fisico e morale, mi scaricano l'intestino e allo stesso tempo mi fanno ridere di gusto.
per anni i piriti sono stati assai demonizzati, inseriti incolpevolmente nella black list delle minacce per l'umanità a causa di tanti filmacci di natale dove essi erano usati come facile escamotage comico.
ma si sottovaluta l'importanza dell'andar spiritiando a mo' di novelli peripatetici sospinti da impianto a gpl.
ciascuno ritorna alla fanciullezza, e più il pirito fa rumore, e più dopo si atteggia il volto a cherubino dai boccoli d'oro, quella faccina ingenua del tipo ops, forse forse mi è scappata un'arietta, ma sono un bimbo piccino, mica mi metteresti le mani addosso per una scoreggina così tenerina.
la loffa invece è un'operazione genuinamente truffaldina, hai l'assoluta consapevolezza che stai per ricreare nagasaki, ma in quel momento non te ne fotte niente del resto del mondo, d'altronde tu sì sempe tu, e nisciuno è meglio 'e te - e quindi la meni intera, o sapientemente frazionata, se ti resta un minimo di coscienza.
tu potrai dire che i piriti so' buoni solo quando escono dal proprio culo, sono come il jazz, ecc.
e invece no.
i piriti mi fanno stare bene non solo se partono dal mio sfiato.
cioè se bell e bbuono un mio commensale / vicino / coinquilino / papà mena una bomba a culo aperto, io subito fingo di cazziarlo, ma ch maronn, ua e ch cazz, ecc. ma in modo bonario però, ché il secondo dopo già sto annusandone la fragranza - maledetta curiosità ameliana - e poi subentra qualche secondo di disgusto, e poi seconda finta cazziata, e poi di nuovo lì a valutarne il flavour - esattamente come un segugio da tartufo, un sommelier delle flatulenze.
e spiritiare in faccia a un cugino dormiente, e inscenare solfatare in mezzo al mercatino di puciuriale, e lasciare in giro gassosi presenti a testimonianza del proprio passaggio terreno, e sgommare a luci spente sotto il piumone per vedere se poi è tanto difficile morire, ua fratè, e però ce stai appestanno ahahah, e grossi abbracci, e condivisione, e fratellanza, perché se c'è na cosa, oltre alla cocacola, che unisce quasi tutto il creato è proprio la terminazione dell'apparato digerente, quel magico foro di ventilazione - sisì, siamo tutti figli di dio, solo le meduse e qualche soggetto del vomero ce l'hanno cusuto.
e allora, perdere ancora tempo a domandarsi perché,
quando cade la tristezza in fondo al cuore,
come la neve, non fa rumore,
e invece 'o ventariello r'e pacche sì.
oppure
stringere le mani per fermare qualcosa
che è dentro me,
ma nella mente tua non c'è,
ma che tengo a verè,
oilloc,
aparame chisto.
e capire, tu non puoi,
tu chiamali, se vuoi,
PERETONI.
(ciao.)
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